Alla fine del lockdown la macchina turistica italiana dovrà ricominciare a ripartire adattandosi a nuovi paradigmi. Il 2020 segnerà un cambio netto nella storia umana ed economica del mondo, a causa delle difficoltà intrinseche proprie dell’attività turistica, ovvero la questione dalla prossimità sociale al centro del fenomeno (sociale) turistico in quanto tale, ma soprattutto a causa di un cambio probabile nelle logiche del trasporto aereo che verosimilmente non potrà partire con gli stessi livelli di prezzo per cui creerà un’accessibilità completamente diversa.
Anche immaginando una risoluzione relativamente rapida dell’emergenza sanitaria in Italia, l’effetto della pandemia sul mercato internazionale e sulla fiducia dei viaggiatori ci porterà a chiudere l’anno con una inevitabile riduzione del mercato. La prima ipotesi di ricalibrazione del mercato ci porta a pensare (in maniera ottimistica) ad un maggiore movimento interno. Dal 1958, primo anno della rilevazione sistematica dei flussi da parte dell’Istat a metà degli anni 80, infatti, circa il 70% delle presenze che si registravano in Italia riguardavano il turismo dei nostri connazionali. È soltanto negli ultimi 35 anni che si è sviluppato notevolmente il mercato incoming che costituiva, più della metà del nostro turismo.
Al netto di questi dati, che tuttavia non permettono visioni certe e inamovibili, vista una situazione incredibilmente dinamica, i rilevamenti che vedono sì un’enormità di cancellazioni e spostamenti delle prenotazioni, tuttavia iniziano a mostrare anche un discreto numero di nuove prenotazioni. C’è voglia di muoversi.
Il turismo si è sempre ripreso dopo ogni crisi, le debacle sono durate relativamente poco, con impatti non devastanti anche nel caso delle Torri Gemelle. Ma questa situazione è completamente diversa. Ciò che è in discussione è la fiducia, la sicurezza, il “fermarsi” quando eravamo abituati a correre cambierà profondamente l’essere umano.
Ciò che sappiamo e che in questo periodo ci viene continuamente ripetuto, è che tanti imprenditori e aziende sono nati proprio in momenti di crisi e hanno fatto di necessità virtù, creando aziende intorno a opportunità verticali e bisogni immediati del mercato. Delle 100 aziende inserite nella lista di Forbes come le più promettenti, circa un terzo è nato o è cresciuto durante crisi economiche mondiali.
Un vecchio adagio inoltre recita “when times are good you should advertise, when times are bad you MUST advertise”, quindi, cosa sta succedendo? Come dovremmo comportarci?
RAGIONIAMO PER STEP, COSTRUIAMO SCENARI
Un utile esercizio che ci permetterebbe di avere un approccio dinamico mantenendo i nervi saldi è quello per gradi e scenari differenziati, ovvero costruendo a tavolino diverse possibilità e vie per il nostro business basate su variabile temporale e variabile situazionale.
Partendo dall’impatto dell’emergenza stessa, definendolo nelle sue entità, ovvero finanziario, sanitario ma soprattutto psicologico dovremo concentrarci proprio sulla mitigazione di questi aspetti sul micro ambiente, con un occhio ovviamente su una visione macro, che cambierà il settore merceologico e forse anche il concetto stesso di economia e globalizzazione (così come lo conosciamo). Ciò si traduce in primo luogo, certamente in un aumento dell’informazione di settore, costruire conoscenza di base e dati, sia storici che contemporanei, in grado di costruire alcune traiettorie.
Sarà sicuramente utile ricorrere ad un approccio di “condivisione” con i colleghi e addetti ai lavori, se c’è una cosa che questa situazione ci ha insegnato è che nessuno si salva da solo. Questo potrebbe essere il momento giusto per costruire nuove partnership, ampliando i vostri orizzonti, costruendo dinamiche di diversificazione ed efficientamento.
Questo è il momento di combattere, essere più creativi e comunicativi che mai, in grado di essere al centro delle vostre community (se ne avete già una), riavere un mondo del tutto uguale a quello precedente è un’illusione pertanto, attraverso un pensiero critico dedicato al cambiamento iniziate a costruire la vostra visione di futuro, pezzo dopo pezzo, scenario dopo scenario.
Dopo una prima fase in cui si sta “gestendo” l’emergenza mitigandone gli effetti immediati dovremo iniziare a delineare un’idea di ripartenza che dovrà prescindere da una re-immaginazione dell’attività e probabilmente una re-ingegnerizzazione dei processi.
Fonte: destinationthink.com
L’obiettivo per il manager dedito al cambiamento è individuare una traiettoria, è palese che le strade sono infinite e la sfida è proprio nel fare ordine nel caos. L’esercizio in questione è molto pratico e parte dalla costruzione di flussi di eventi e mondi possibili. Quante possibilità di futuro avremo?
Fonte: destinationthink.com
Se uno degli scenari può essere ripartire dal turismo nazionale con le tempistiche classiche fissiamolo e facciamo discendere da questo scenario una serie di attività propedeutiche che potranno avere variazioni e deviazioni.
Quindi oltre a costruire alternative di futuro (si riparte a giugno, a ottobre, oppure nel 2021) dovremmo costruire i relativi piani d’azione così da farne discendere i relativi budget. È chiaro che le variazioni potranno essere infinite ma ciò che ha minato profondamente le nostre convinzioni è stata proprio l’impreparazione a uno scenario simile. Facciamo in modo che non ricapiti.